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Salernitana a chilometro zero: i granata “parlano” in dialetto

Una delle squadre più "regionali" degli ultimi anni, dal George Best di Brusciano al bomber di Torre Annunziata e Sannino che ci prova ancora: "jamm bell"

La gioia di bagnarsi in quel diluvio di “jamm, o’ saccio, ‘naggia, oilloc, azz!”. Versi e parole di Roberto Benigni dedicate a Massimo Troisi, dedicate a quella che è, a tutti gli effetti, una lingua che si differenzia zona per zona in tutta la Campania. Così, questa Salernitana, è la più regionale che mai, si potrebbe dire a “chilometro zero” produttivamente parlando.

Davvero tanti, infatti, i calciatori campani presenti in rosa e che stanno creando un gruppo affiatato nel ritiro di Sarnano. Una battuta in dialetto, quella gestualità, quelle espressioni fonetiche che talvolta solo i campani riescono a cogliere ed apprezzare, non ce ne vogliano gli altri. Tant’è che gli stessi calciatori spesso scherzano, come con Odjer, che tra l’inglese e l’italiano “assorbe” già il dialetto nostrano. Si parte dalla porta, da Pietro Terracciano, casertano, nato a San Felice a Cancello, al confine tra Acerra, Nola e Maddaloni, cresciuto poi nelle giovanili dell’Avellino.

C’è poi Gigi Vitale, nato a Castellammare di Stabia e cresciuto proprio nelle giovanili delle vespe prima di passare al Napoli.  E proprio a Napoli è nato, invece, Giuseppe Caccavallo come Antonio Zito che palleggiava già da bambino sotto la “Montagna Spaccata” a Pianura. Sulle fasce la stessa lingua, così come lì dietro dove al fianco di Vitale c’è Raffaele Schiavi che ha sangue metelliano nelle vene, nato a Cava de’Tirreni come Massimo Coda. Davanti, ancora, il bomber di Torre Annunziata Alfredo Donnarumma.

Non passa inosservato poi il George Best di Brusciano, a 15 chilometri da Napoli, Gennaro Troianiello. E poi c’è il generale che il dialetto lo tiene nel sangue ma l’intonazione si è persa già dai primi anni di lavoro all’Asl di Voghera, il mister Beppe Sannino che è nato ad Ottaviano e, come è noto, ha lasciato la Campania per trasferirsi con la famiglia a Torino per motivi di lavoro. Lui che prova, ogni tanto, a cacciare fuori quel “jamm bell” per far capire ai suoi che quest’anno no, non ci stanno Santi: “Jamm a verè”.

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