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La vita di Matteo Lovato nella difesa a tre

Analisi sul ragazzo di Monselice, una dolce metà tra stopper e libero, lavoratore e "perfezionista", la Salernitana non ci ha pensato due volte

Marco Rarità

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Va bene che la vita è fatta di numeri ma il calcio è anche altro. Lo sa bene Matteo Lovato reduce da una infernale retrocessione con il Cagliari e una voglia matta di rimettersi in gioco per dimostrare di essere quello “inquadrato” a livello nazionale: uno dei giovani difensori di spicco del calcio italiano. Chi lo conosce “disegna” un ragazzo testardo, molto quadrato a dispetto dell’età, “capa tosta” e padovano doc, magari al momento anche deluso dall’essere stato “scaricato” dall’Atalanta ma sicuramente con fame di rivalsa. Salerno ora è la sua casa, il suo quartier generale, Nicola il suo maggiore. Ventidue anni fatti a febbraio, quasi 50 presenze in A, poco più della metà con la maglia del Verona. Nel terzetto difensivo di Juric ha giocato prevalentemente come braccetto di sinistra, nonostante sia destro naturale, abile a giocare d’anticipo anche con il piede opposto grazie ad una buona propensione ad essere aggressivo. Con il Verona ha giocato con Empereur (vecchia conoscenza granata) che giocava centrale e Ceccherini a centro destra. Solo in poche occasioni Lovato è stato spostato da Juric come braccetto a destra, ad esempio contro la Lazio in un match che lo ha “consacrato” all’Olimpico. Lovato aveva compiti importanti di “marcatura” sulle incursioni di Milinkovic Savic, stretto, anche oltre la competenza d’area talvolta, il difensore è stato uno dei protagonisti di quella vittoria degli scaligeri a Roma.

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Prestazione arrembante che catturò l’interesse di mezza Italia anche nell’ottobre del 2020 contro Juventus a Torino, sempre a sinistra nei tre dietro. Sartori lo portò a Bergamo, lo consegnò a Gasperini che lo propose spesso e volentieri centrale nella difesa a tre, ai suoi lati de Roon e Palomino, si avvicendava spesso con Demiral e non trovando spazio per la crescita del ragazzo si decise per un trasferimento a gennaio. Con Mazzarri all’inizio ha giocato qualche gara da centrosinistra, con Carboni al centro e Altare a destra. All’Arechi, invece, con Agostini giocò al centro con Altare e Ceppitelli ai suoi lati. Si è ben disimpegnato, ultimamente, anche nella difesa a quattro in coppia centrale con Okoli (altro obiettivo granata), nel reparto di Nicolato in Under 21 completato da Bellanova e Quagliata. Ha abbandonato il terreno di gioco nell’ultimo match con gli azzurrini il 9 giugno, contro la Svezia, dopo soli 20 minuti, costretto anche a rientrare dal ritiro. In quel match era partito titolare nella difesa a tre, centrale, a destra aveva Pirola (manco a dirlo) e a sinistra sempre Okoli.

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