“Dove sono i nomi del Prefetto di Pescara e del governatore dell’Abruzzo? Non basta”. Parla così Alessio Feniello, padre di Stefano il giovane salernitano morto nella tragedia di Rigopiano quando una valanga di neve distrusse l’albergo, commentando la notizia dei sei indagati. Si tratta di amministratori e funzionari pubblici che la Procura di Pescara ha iscritto nel registro degli indagati. Feniello si definisce “imbufalito ma soddisfatto perché la tesi nei confronti del sindaco, uno dei responsabili di quella tragedia, era corretta”.
Tra gli indagati compaiono Antonio Di Marco, presidente della Provincia di Pescara; Ilario Lacchetta, sindaco di Farindola e Bruno di Tommaso, direttore dell’albergo; Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, funzionari della Provincia; Enrico Colangeli, dipendente comunale. Il direttore dell’albergo deve rispondere dell’accusa di omissione del collocamento di impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro in quanto non avrebbe previsto nel Documento di valutazione del rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori della sua ditta il rischio di essere colpiti da una slavina. Per gli altri indagati l’accusa è di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose: secondo i magistrati Cristina Tedeschini e Andrea Papalia, infatti, l’accesso all’hotel avrebbe dovuto essere lasciato libero dalla neve, motivo per cui sotto accusa sono finiti anche il presidente della Provincia e il sindaco di Farindola, come riporta il sito Salerno Notizie.
Nella valanga del 18 gennaio persero la vita 29 morti mentre 11 sono stati i superstiti, tra cui inizialmente figurava anche Stefano, 28enne originario di Valva, in vacanza a Rigopiano per festeggiare il compleanno con la fidanzata, Francesca Bronzi, scampata alla tragedia. Due giorni dopo la tragedia, il nome di Stefano venne inserito nell’elenco dei superstiti, alimentando la speranza nei familiari, scoprendo poco dopo che si trattava di un errore e Stefano era morto.