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Sull’isola di Sant’Elena oltre la paura: Salernitana torna bersagliera

Marco Rarità

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“E dimm quacchecos’, nun me lascià accussì..”. Suona Pino Daniele alla radio in un giovedì da day after, l’alba del giorno dopo è piena di dubbi, gli stessi di ieri, a trascinarci la paura ci ha pensato un ragazzone di 190 centimetri, nato a Verona, quando al minuto 92 della prima contesa ha fatto il “cobra” staccando con il passo giusto davanti a Mantovani. Ma dall’altra parte lo stesso colpo aveva dato il pivot granata, sembrava una delle montagne di Majevica, Milan Djuric ha terminato la gara camminando sui talloni, con le gambe appese che neanche la salita di via dei Canali a ferragosto. E poi quel ragazzino lì, furetto d’esterno, a girar come una trottola, col piede opposto, sacrificio e qualità nella partita di Ciccio Orlando. Consumate le emozioni l’Arechi ai tre fischi di Di Paolo si perde nel silenzio dei pensieri, una proiezione automatica sul futuro, domenica è dietro l’angolo e sulla bandierina c’è almeno mezza provincia. Sull’isola di Sant’Elena l’ultimo atto di un secolo, anche qui si passerà per la storia, la Salernitana chiuderà i conti dei suoi primi 100 anni nel secondo impianto più antico d’Italia, nel Sestiere di Castello sarà “vita o morte”, con gli occhi addosso dell’Italia, tra gufi e civette nonostante tutto c’è chi vuole ancora parlare di calcio. Non farsi schiacciare sarà il primo pensiero, bersagliera per volare, come faceva Penzo, l’emozione e la paura, tutta una vita così: che tormento questa squadra.

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