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Se le sconfitte non hanno padri…

Ad Avellino altro k.o. e non ci si può sempre e solo appellarsi agli errori arbitrali

admin

Come rovinarsi il Natale perdendo contro una squadra che non ha messo in fila tre passaggi in novanta minuti e che ha rischiato di pareggiare una partita in cui conduceva con due gol ed un uomo di vantaggio. Il manuale per far andare di traverso il cenone della vigilia ed il pranzo di Natale ai propri tifosi potrebbe essere scritto, senza neanche tanto sforzo, dalla Salernitana, capace di beccare altri due gol su calcio piazzato, di farsi infliggere un’espulsione sugli sviluppi di un’azione che non sembrava pericolosa e, nonostante tutto, di riaprire i giochi fino a sfiorare il pareggio in più di una circostanza.
Il pazzo derby del Partenio è già storia, da archiviare alla voce “delusioni” per i colori granata, ma da questa sconfitta non si possono non trarre delle conclusioni.
In primo luogo, fa rabbrividire la ripetitività con cui la Salernitana riesca a subire sempre gol da palla inattiva. Sulla prima rete irpina pesa anche la ritrosia cronica di Terracciano a lasciare la propria area di porta: se avesse fatto un passo avanti, infatti, l’ex portiere biancoverde si sarebbe sorpreso nel constatare quanto facile fosse bloccare quel colpo di testa di Jiday. Sulla seconda rete, poi, l’ingenuità è di tutta la squadra che aveva appena perso Mantovani per un’espulsione sicuramente esagerata, ma che avrebbe dovuto avere la lucidità per risistemarsi in campo e per aggiornare le marcature in area.
Nella ripresa, con l’uomo in meno fino all’espulsione di Belloni, la Salernitana ha dato segnali di risveglio ed anche da ciò bisogna trarre delle conclusioni. Com’è possibile che anche Bollini insista nel riproporre Della Rocca e Ronaldo insieme a centrocampo, quando appare evidente che i due si elidono a vicenda? Com’è possibile che la gara di Frosinone non abbia insegnato nulla al tecnico granata? Com’è possibile che Donnarumma passi dall’essere schierato fuori ruolo – esterno del tridente – alla panchina, vedendosi preferito Joao Silva che ha fatto fatica per tutta la partita e che s’è reso utile in parte proprio quando ha avuto accanto a sè l’ex del Teramo?
Analizzata la gara tatticamente, avendo ben presente che alcune decisioni dell’arbitro – Abisso non ha un buon rapporto con la Salernitana visto che c’era lui all’ultima recita di Torrente, a La Spezia, e di Sannino, in casa con la Pro Vercelli, per cui se fossimo in Bollini qualche scongiuro lo faremmo – resta poi la questione di fondo. Qualcuno dovrebbe avere l’umiltà ed il buongusto di prendersi la paternità delle sconfitte, non tanto di quella con l’Avellino, quanto, più in generale, del cammino da retrocessione che la Salernitana sta avendo in questo girone di andata e che ricalca, più o meno, quello della passata stagione.
Poichè allenatori e giocatori cambiano, le figure indiziate sono la proprietà e la direzione sportiva. I patron ed il diesse Fabiani dovrebbero accollarsi la responsabilità per aver costruito senza troppo criterio la squadra, per non aver soddisfatto le aspettative ed i desideri di una piazza che non vuole saperne di disamorarsi della Salernitana ma che dovrebbe, al tempo stesso, svegliarsi ed assumere un atteggiamento più critico finalizzato a spronare la società a fare meglio. Perchè, in altri tempi, la contestazione non avrebbe risparmiato nessuno ed invece da un po’ di tempo a questa parte si assiste ad uno strano fenomeno per cui chi ha operato – male, in verità, nella maggior parte dei casi – viene ritenuto infallibile e quindi la colpa è degli arbitri o della sfortuna, o magari di qualche altra componente. Si dà il caso che le sconfitte più che le vittorie abbiano dei padri e che Lotito, Mezzaroma e Fabiani siano coloro i quali hanno pianificato a tavolino ciò che la classifica recita: se la Salernitana ha 21 punti ad una giornata dal giro di boa, se non riesce a dare continuità alle sue prestazioni, se continua a subire gol degni dei campionati amatoriali, è un problema di qualità della rosa e, dunque, la responsabilità ricade su chi l’ha costruita, scegliendo le pedine sbagliate o, comunque, non sapendo assemblare al meglio ciò che ha reperito sul mercato, né, per giunta, sapendo affidare il gruppo ad un allenatore in grado di guidarlo con sicurezza e di trarne il massimo. Il tempo delle frasi fatte, delle reprimende ai calciatori, del “chi non se la sente, vada via”, è finito. Occorre fare mea culpa e darsi da fare per rinforzare la squadra a gennaio perchè la classifica è preoccupante e perchè i limiti strutturali sono fin troppo evidenti. Il ritiro punitivo, le multe, le proteste nei confronti degli arbitri sarebbero solo fuffa: la sostanza sarebbe, invece, altra cosa e passerebbe per una spassionata analisi degli errori commessi e per una ferma e manifesta volontà di porvi rimedio. In fondo, parafrasando uno slogan che va di moda in questo periodo, a Natale si può. Anzi, vista la situazione della Salernitana, si deve!

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