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Quella guerra che fa comodo all’Occidente

Gravissima la situazione in medioriente

Pasquale Petrosino

Di Pasquale Petrosino | Suonano ma non a festa le sirene di allarme a Tel Aviv e nella zona metropolitana. Razzi lanciati da Gaza colpiscono all’impazzata. Hamas ha rivendicato da Gaza il lancio di razzi, aggiungendo pesanti raffiche da Gaza verso il centro e il sud di Israele.

Benyamin Netanyahu afferma che le ostilità sono cominciate quando Hamas ha iniziato a tirare i razzi su Gerusalemme lo scorso lunedì. Netanyahu ha ringraziato il presidente americano Joe Biden per il suo fermo sostegno ed ha sottolineato che Israele sta facendo il possibile per evitare vittime tra i civili. Parlando delle violenze da parte di arabi in Israele Netanyahu ha usato il termine «terrorismo» ed ha avvertito che «chiunque agirà come un terrorista verrà trattato come tale».

L’Egitto chiede un cessate il fuoco anche parziale per evacuare i feriti. Ma tutti i moniti non sono serviti a nulla. Tanto è vero che l’aviazione israeliana ha colpito il grattacielo al-Jala, nel pieno centro di Gaza. Nei piani elevati ci sono le sedi di al-Jazeera e di agenzie internazionali di informazione. Gli altri piani sono occupati da uffici commerciali. La guerra divampa e nella Striscia raggiunge anche la torre dei media, l’edificio sede dell’Ap e di al-Jazeera distrutto da un raid, condannato dalla Casa Bianca. Ma, per la prima volta dal suo insediamento, il presidente americano ha anche parlato con il leader palestinese Abu Mazen. Con il quale, secondo l’agenzia Wafa, ha sottolineato gli «sforzi americani con le parti per riportare la calma e ridurre la violenza nella regione».

Questo purtroppo è quello che succede, da secoli, intorno a quella terra che un tempo fu la culla della nostra civiltà. La terra che chiamavamo Mesopotamia e sulla quale abbiamo fantasticato, fra i banchi delle elementari.

E’ difficile riassumere quello che oggi succede sulla «polveriera mediorientale». Prima di tutto perché non esistono né fazioni chiare, né motivazioni chiare. In questo difficile contesto storico sociale non esistono mai vincitori e mai vinti. Solo vittime e sciacallaggio politico-morale. Ma volendo andare ad occuparci di politica internazionale, come fanno i dottori in scienze politiche, osserviamo di certo che da una parte abbiamo lo storico antagonismo USA-Iran, dall’altra le innumerevoli situazioni di conflitto che caratterizza, questa terra martoriata ed afflitta da secoli di guerre. Abbiamo senza ombra alcuna un conflitto ideologico, quello per cui si muovono le masse. Il principale antagonismo che affligge l’area è quello religioso tra SUNNITI e SCIITI, scissione interna all’islamismo. Tutto risale alla morte di Maometto, avvenuta nel 632 d.C. e per la quale scoppiò la questione della successione. La maggioranza (i sunniti) scelsero come successore Abu Bakrsuocero di Maometto. La minoranza (gli sciiti) voleva che il successore fosse un consanguineo come Ali, cugino e genero. Una scissione che da anni giustifica centinaia di morti e repressioni.

L’Iran è il riferimento per tutte queste rivolte sciite, motivo per cui viene visto con apprensione sia dal mondo occidentale che dal mondo arabo sunnita, anche perché l’Iran può contare sull’appoggio di gruppi armati, come quello di Assad in Siria, quello di Hamas, o ancora la Jihad islamica tra i palestinesi, gli hezbollah in Libano e milizie armate in Iraq e Afghanistan. 

Qualcuno diceva che la religione è l’oppio dei popoli e se si vuole muovere le masse occorre far leva sui sentimenti più nobili, sul senso di appartenenza. Ed è così che sunniti e sciiti divengono acerrimi nemici, tanto da giustificare la nascita di cellule estremiste, come Al-Qaeda e Isis.

Esiste un conflitto territoriale in cui le masse vengono mosse dai capi di stato e dai generali che hanno desideri espansionistici. Esiste, anche, un conflitto economico, poiché l’area meridionale è ricca di risorse. Gas naturale e giacimenti di petrolio rendono quest’area tra le più ricche naturalmente al mondo, ed è il motivo per il quale tutte le potenze economiche vogliono avere il controllo del territorio.  Se il Medio Oriente diventasse una grande potenza unita e stabile, diventerebbe un competitor economico troppo pericoloso per le altre potenze mondiali. Ecco, forse, i motivi delle continue ingerenze di Europa, America, Russia, mascherate da missioni di pace, alleanze, trattati etc.

Aveva ragione Filippo il Macedone, quando disse: DIVIDE ET IMPERA. Sembra, quindi, che l’interesse di tutti sia mantenere il Medio Oriente un’area instabile e conflittuale, fomentando lotte ideologiche e di potere, basti pensare al grandissimo business delle armi.

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