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IL PERSONAGGIO – Luiz Felipe e la “samba resistência”

La storia di un ragazzo paulista appena arrivato in Europa, quella danza "gessata" e una prestazione incoraggiante

Marco Rarità

Dalle sue parti si dice “Non ducor, duco ” letteralmente “Non mi faccio condurre, conduco”. Nasce così Luiz Felipe Ramos Marchi, come tutti i brasiliani un pallone tra i piedi e il sogno in un cassetto che non c’è. Ancora un Paulista tra le file granata, come per Gabionetta, Calil, Gustavo, anche Luiz Felipe è nato nello stato di San Paolo. Precisamente a Colina, una cittadina con poco più di 17mila abitanti, più o meno grande quanto Baronissi, ancorata alle sue origini e lontana da ogni tempo. Sabbia rossa sulle strade, un museo nella vecchia stazione ferroviaria, terriccio che si mischia all’erba delle aiuole, case larghe e basse, la tradizionale “Festa do cavalo” a giugno, così è cresciuto Luiz che ha anche un po’ di sangue italiano nelle vene, i nonni del papà infatti erano toscani. Dopo i 14 anni si trasferisce a Itu, una citta 10 volte più grande di Salerno ma con quasi gli stessi abitanti, poco distante da Colina. Entra nelle giovanili dell’Ituano, i rubro-negro, dove il presidente è l’ex campione del mondo Juninho Paulista, in estate viene comprato dalla Lazio e girato in prestito a Salerno. Storia di oggi, come il derby dove resta sempre concentrato su Ceravolo e Ciciretti, come ha detto Sannino: “Ha fatto quello che doveva fare nel suo ruolo”. Durante la gara vive con la smania dell’anticipo, una sua caratteristica, allungare il piede per bloccare la giocata all’avversario. Poi la gioia del gol e quella samba fin troppo “gessata”, anche per un paulista, ma l’importante era non far ballar le streghe..

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