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Le cose in comune

Un viaggio introspettivo in due realtà che il tempo non è riuscito a cambiare: l'anima provinciale di una metropoli e lo spirito metropolitano di una città di provincia

Marco Rarità

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Sono 1231 le domeniche passate da quella finestra sulla Città Eterna, Roma e Salerno, un viaggio di oltre 20 anni e una malinconica evoluzione del pallone. Bisogna vederla anche così Roma-Salernitana, nelle cose in comune tra contraddizioni e flessioni nell’ultimo tratto dell’Autostrada del Sole. Romani ma romanisti, vivono il calcio come lo vive una “provinciale”, con la spasmodica attesa dell’appuntamento e nell’ultimo decennio hanno vissuto il passaggio con le nuove proprietà a stelle e strisce senza far “suonare” le corde del cuore.

Come a Salerno con l’era Lotito anche a Roma, paradossalmente, la tifoseria ha “accusato” la mancanza di una presenza fisica e costante sul territorio, il distacco di una semplice gestio perchè sì, Roma e Salernitana, non le puoi solo guidare. Lupa e ippocampo li devi quasi coccolare. Entrambe vivono la territorialità, il tentativo di “parlare americano” non è andato a buon fine e anche con la comunicazione in casa giallorossa è stato necessario un cambio di tono andando a toccare altri tasti, più legati alla romanità. Lo stesso sta avvenendo a Salerno, parlando all’anima, come si espresse patron Iervolino alla prima conferenza in granata.

Appartenenza, chi più di Roma, chi più di Salerno, nessuna delle due probabilmente avrà mai una maggioranza di tifo apolide, come può succedere a Torino o a Milano. Dalle rive del Tevere dove la gente vuole conservare la romanità al centro del progetto, la famosa “Chiesa al centro del villaggio”, fino alle sponde dell’Irno dove i salernitani sarebbero stati anche disposti a sparire pur di consegnarsi ancora nel galleggiamento di una “squadra nata in provetta”. Roma e Salernitana, quanto tempo è passato dall’ultima volta, sciarpe al collo è cambiato il mondo, il biglietto è anche sugli smartphone, i sogni sono in rendering, Totti e Jordan non giocano più, ospiti all’imbrunire nella “casa” di Ago, a proposito di cose eterne.

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