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La carne rossa fa male? Lo abbiamo chiesto agli allevatori salernitani

Che tipo di carne mangiamo, da dove proviene e, soprattutto, fino a che punto questa sia controllata?

admin

“Meno rossa e più verde”. E’ uno degli slogan che di solito fa da propaganda a chi ha deciso di escludere dalla propria dieta il consumo della carne, in particolare quella rossa. Una tavola ben imbandita ha sempre unito gli italiani ma, negli ultimi tempi, è la stessa tavola che “divide”. Ad ottobre dello scorso anno 22 scienziati dell’International Agency for Research on Cancer (Iarc) dell’Oms provenienti da 10 Paesi si sono incontrati nella sede di Lione per discutere della cancerogenicità del consumo di carne rossa e di carne lavorata.

Il 26 ottobre lo Iarc ha inserito le carni lavorate fra le sostanze più cancerogene, nel gruppo 1 (a pericolosità più alta come il fumo e il benzene) e le carni rosse tra quelle probabilmente cancerogene. Tra le carni rosse troviamo la carne bovina (vitellone, manzo, bue e vacche), carne equina (di cavallo o puledro), carne di ovini, suini e caprini adulti. Per “carni lavorate” lo studio IARC intende le carni che hanno subito un processo di trasformazione attraverso salatura, stagionatura, fermentazione, affumicatura o altri processi per migliorare il sapore e la conservazione. Esempi di carne lavorata sono: würstel, prosciutto, salsicce, carne in scatola, carne secca e le preparazioni a base di carne.

Dal 2015 sono state innumerevoli le informazioni che hanno invaso il web, andando a creare veri e propri movimenti che bandivano la carne rossa, creando così maggiore attenzione su chi ha scelto una dieta del tutto “verde” come vegani e vegetariani. Ma oltre al cambio dei pasti in tavola, ci siamo anche chiesti che tipo di carne mangiamo, da dove proviene e, soprattutto, fino a che punto questa sia controllata.
Tematica fondamentale affrontata e approfondita da Coldiretti in presidio dinanzi al Comune di Salerno questa mattina. Una manifestazione per chiarire le questioni legate alla vendita e produzione della carne. Un modo anche per dar voce agli allevatori salernitani. Secondo i dati di Coldiretti le aziende bovine presenti a Salerno nel 2011 erano 3.882, mentre quelle presenti nel 2015 sono 3.564. Che l’abuso di carni rossa nell’alimentazione faccia male è un dato di fatto, il problema potrebbe essere risolto facendo attenzione ad aggiungere più verdure nella dieta, di seguire la dieta mediterranea e di scegliere prodotti a Km zero.

“Quello che è cambiato è l’informazione- dichiara Giuseppe Polito, allevatore di Agropoli- è il come le persone mangiano la carne, perchè l’offerta c’è, diminuisce il costo ma l’offerta resta la stessa. Punto fondamentale deve essere la tracciabilità di un determinato prodotto. Il cliente deve poter conoscere la storia di quella carne, le sue origini, la provenienza, anche di cosa e come si è nutrita negli anni, questo significa mangiare sano, mangiar bene, significa trasparenza. Sul fronte “mercato nero”, secondo il mio punto di vista, il territorio salernitano non è attualmente soggetto a queste tematiche. Ho amici ad Agropoli che allevano cinghiali e nonostante qualche volta cerchino di scappare, non vengono mai rapiti“.

L’argomento principale degli allevatori salernitani era la provenienza della carne, secondo la maggior parte di loro la carne acquistata al supermercato non è Campana, e non è possibile tracciarne la provenienza.
Importante è soprattutto il lavoro dei veterinari dell’Asl che attraverso vaccini e controlli devono assicurare il perfetto stato di salute dell’animale prima che venga macellato e poi venduto. Una carenza, però, c’è anche in questo settore. Sul territorio c’è mancanza di due tipi di vaccini (1 e 4) necessari per effettuare controlli. Questi vaccini- secondo Coldiretti- dovrebbero arrivare entro i mesi di maggio o giugno anche per gli allevatori salernitani.

“La notizia che la carne rossa fosse probabilmente cancerogena è stata sicuramente d’impatto per il settore, per questo siamo quì oggi- ha dichiarato Vittorio Sangiorgio, Presidente Coldiretti Salerno- Quello che Coldiretti chiede alle istituzioni e alla Regione Campania è un maggiore controllo sull’origine di queste carni, perchè la maggior parte di quelle senza etichetta sono estere. Una cosa che va sicuramente rivista è il lavoro e i costi di produzione che si trovano ad affrontare da soli gli allevatori. Attualmente solo il Comune di Pontecagnano acquista tramite bandi, prodotti e carni biologiche a Km zero. Il mio consiglio è quello di stare attenti ad allarmismi e alla cattiva informazione, togliere ad un bambino la carne durante la fase di crescita significa farlo crescere con delle carenze nutrizionali. Abbiamo la fortuna di essere i fautori della dieta mediterranea, sfruttiamola”.

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