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IL PERSONAGGIO – Essere Alberto Bollini

Speciale sull'allenatore granata: Quando si torna in albergo c'è chi si rilassa tra musica e cuffiette, lui rilegge gli appunti..

Marco Rarità

Il calcio, come la vita, porta a scrivere storie che neanche si possono immaginare. Guai a pensare che sia solo “pallone”, questo la maggior parte dei tifosi granata lo sa, lo riescono a percepire. Talvolta ci si può anche sbagliare, altre no. Questa è la storia di un signore nato “Al Pòs”, così si dice nel basso dialetto mantovano, quell’accento quasi romagnolo che porta ad aprirsi, quasi confidarsi. Questo è Alberto Bollini, prima professore e poi allenatore, tant’è che il titolo della sua tesi di laurea è tutto un programma: “Creatività, coordinazione e fattori socio affettivi dei giovani nel calcio”. Bollini dimostra agli addetti ai lavori, nel campo e fuori, una sensibilità spiccata, che spesso può essere un’arma a doppio taglio ma che, per chi sa apprezzare questa dote, diventa un valore aggiunto. Roccaporena, adesso come adesso, non è un posto come un altro per fare il ritiro. Non tanto la frazione quanto Cascia ha subito diversi danni nell’ultimo sisma registrato lo scorso anno. Come accadde nel paese dove è nato, anche a Poggio Rusco il terremoto del 2012 danneggiò il comune di oltre 6mila anime. Ma che relazione c’è tra questo e il campo? Nessuna per chi vede il calcio come se fosse solo “pallone”. L’etichetta di “uomo Lazio” non è di quelle che si tolgono facilmente, e Alberto Bollini non è un mister che “spruzza” carisma quando parla, le “mosse” importanti a volte sono quelle che non si vedono. A partire dal mercato, chiedere e ricevere, con schiettezza, questa sì quando c’è da fare un faccia a faccia, non gli manca. E’ un Bollini attento ad ogni dettaglio, durante l’allenamento si ferma, scruta, parla, si accoda, passeggia, scrive, suda, è un allenatore che “lavora”. Spesso si è avvicinato ai più giovani, è il caso di Kadi, abbiamo già citato in passato una relazione del mister presentata al Clinic operativo dell’Aiac a Messina: “Se intravedo che il ragazzo calcia male dobbiamo analizzare il suo errore e incoraggiarlo, guardare la coordinazione dell’atleta, come accade nel golf. Per me che ho fatto Scienze Motorie non esiste più che il Preparatore Atletico fa 30 minuti e poi ti da la squadra, oppure io faccio 10 minuti e tu ti prendi la squadra dopo”. Il suo veto su alcune scelte c’è, lo ha chiesto fortemente, base imprescindibile per continuare un rapporto di lavoro, quello che dovrebbe essere la normalità ma non è mai scontato, soprattutto nel calcio. E quando si torna in albergo c’è chi si rilassa tra musica e cuffiette, lui rilegge gli appunti..

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