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Delitto e Castigo

Non avendo le risposte in tasca ma solo pensieri, sarebbe fin troppo semplice continuare a sentenziare e mandare a giudizio quanti inevitabilmente hanno condannato la Salernitana in più gironi dell’inferno, anche se ha i connotati del paradiso. Sono più che legittime però le domande su cui interrogare e interrogarsi, anche perche molte di queste non avranno mai risposte.

Marco Rarità

L’EDITORIALE | Non avendo le risposte in tasca ma solo pensieri, sarebbe fin troppo semplice continuare a sentenziare e mandare a giudizio quanti inevitabilmente hanno condannato la Salernitana in più gironi dell’inferno, anche se ha i connotati del paradiso. Sono più che legittime però le domande su cui interrogare e interrogarsi, anche perche molte di queste non avranno mai risposte. Perché Lotito non ha venduto prima la Salernitana? Perché Claudio Lotito ha provato fino all’ultimo a tenersi stretta la società granata, nonostante il disturbo, nonostante il travaglio, nonostante anche economicamente pare avrebbe trovato sospiro e sollievo? Perché ha preferito la situazione attuale a scenari senz’altro più “leggeri” anche dal punto di vista mediatico? La risposta è una, probabilmente, ipotizziamo, la Salernitana conviene. Conveniva ed è ancora oggi, nonostante tutto, una mucca da spremere fino in fondo, sotto tanti aspetti.

L’ultima bugia, sul tetto dell’Arechi, a voce alta al popolo: “Allestiremo comunque una squadra competitiva”. Sbagliato, tutto, come quando un amore bugiardo ti porta rose e nasconde cazzotti. Il tutto mentre la moglie tra la gente e microfoni alle labbra disegnava l’addio: “Venderemo, venderà”. Così non fu, forse neanche ci ha mai pensato davvero di lasciare la gallina d’oro. Chi altro? Perché Angelo Mariano Fabiani continua ad essere il direttore sportivo della Salernitana? Ok, perché ha in dote l’incarico ma la domanda è un’altra, perché continua ad esserlo? In un contesto dove 99 persone su 100 lo ritiene inadatto alla composizione calcistica di una compagine che possa costruire un futuro, perché non preferisce altri lidi? Forse si è già guardato intorno e non lo sappiamo, oppure l’agglomerato costruito sul territorio è ancora troppo fertile per lasciare? Fatto sta che al netto di tutte le difficoltà che si possano avere non avendo una società alle spalle e un gruzzolo economico dettato al risparmio non si poteva immaginare di fare peggio. Davvero.

Passando alle cose meno formali, la burocratica e anacronistica condotta del trust ci ha consegnato le ennesime pagine di travaglio e incertezza custodite negli annali di storia granata. Lo scopo prima di tutto ma lo scopo, davvero, qual è? I trustee operano in base agli interessi del venditore o in base al contesto del bene stesso, una azienda sportiva legata a passione popolare? Le offerte in esame, 4 rose e poesie d’amore, 5 rose e un diamante, oppure 10 rose, in base a come si sceglie? Questa, probabilmente, è l’unica risposta che ci potrà arrivare, non dai diretti interessati ma dal tempo.

Altre domande sono più frivole ma non meno importanti, cosa ha portato davvero Franck Ribéry a Salerno? Forse lo stesso pensiero di rivalsa che passò nella testa di Ago, quello che solo i campioni possono percepire, che questa maglia granata nasconde un sentimento inesplorato da chi vive i grandi palcoscenici: questa maglia vive di luce propria. La luce della gente che si trascina per chilometri, solo chi è stato innamorato può capire, solo chi ha provato sofferenza, dolore, esaltazione e tormento può disegnare il coraggio di sentirsi ultimi e la bellezza di scappare. Perché un campione come Franck si è abbracciato questa croce? È la domanda che dovrebbero farsi tutti a livello nazionale, mentre deridono un popolo che sembra al tappeto ma sta bollendo, perché come in Delitto e Castigo “a volte l’uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza” e ci sarà un giorno in cui avremo tutte le risposte, anche quelle che sappiamo già.

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