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IL PERSONAGGIO – La vita di Boris: cresciuto lontano dal Danubio in un quartiere di Belgrado

La storia del nuovo portiere granata, da Banjica a Zingonia "protetto" dalla Dea e quel detto dalla città bianca: "nema problema"

Marco Rarità

Storie al confine, storie di calcio e di vita, tutte affascinanti, quelle dai balcani e dalla Serbia di Boris Radunović, il nuovo numero 1 granata. E’ nato il 26 maggio del 1996 Boris, in una Belgrado, manco a dirlo, scossa delle proteste contro il Governo, nate in quello stesso inverno con la Serbia intera sull’orlo di una guerra civile in opposizione a Milosevic. Nonostante tutto vive una infanzia serena, nato in una famiglia che già “amava” il calcio, il papà infatti è stato portiere giocando anche in quella che ora è chiamata Jelen SuperLiga Srbije, per motivi di sponsor, la nostra Serie A. Boris però non è nato solo, è nato con Pavle, il suo gemello, nei giardinetti di Banjica Boris parava i tiri del fratello che, adesso, cerca di sfondare come attaccante nell’Ofk di Belgrado. Comincia “tardi” a giocare a calcio Boris, a 12 anni come detto nel quartiere di Banjica, lontano dal Danubio, oggi profondamente urbanizzato dopo la seconda guerra mondiale quando era sede dominata dai tedeschi che ci costruirono anche un campo di concentramento. Entra nelle giovanili del Rad di Belgrado, squadra localizzata proprio in quel quartiere, esordendo a 17 anni nello stadio intitolato a Pietro Karađorđević, re dei serbi, croati e sloveni agli inizi del 1900. La “Dea” lo nota e se lo porta a Zingonia, poi l’esperienza in Irpinia. Cresce col mito di Handanovic e mira alla personalità di Vladimir Stojković, che ora difende la porta del Nottingham Forest. Una stazza di 194 centimetri, maglia granata e curva alle spalle, come dicono nella città bianca: “nema problema Boris”.

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